In tempi recenti è stato dimostrato che la masticazione potenzia la vigilanza, l’attenzione, la velocità dei processi cognitivi, la memoria e l’apprendimento.
In sintesi masticare in modo corretto migliora le prestazioni del cervello.
La prima dimostrazione che i segnali prodotti dal trigemino (il nervo preposto alla masticazione) siano in grado di desincronizzare l’attività elettrica della corteccia celebrale, era stata fornita già nel 1959 dal Prof. Giuseppe Moruzzi, uno dei più illustri neurofisiologi del secolo scorso.
Un esempio può aiutarci a comprendere meglio questa grande scoperta: quando sopraggiunge uno stato di sonnolenza durante la guida notturna, è sufficiente masticare un chewing-gum per migliorare la nostra vigilanza.
Questo studio, a lungo trascurato in Odontoiatria, solo da pochi anni è stato ripreso ed arricchito dalle nuove ricerche in Neuroscienze ed ha permesso di comprendere meglio i processi che sono alla base dell’apprendimento, della memoria e delle malattie neurodegenerative.
Non sorprende, quindi, se oggi i neurofisiologi considerano la masticazione un rimedio non farmacologico per prevenire le disfunzioni ed i declini cognitivi.
La masticazione non simmetrica ma attuata da un unico lato iperattiva l’emisfero corrispondente, creando così uno squilibrio: ecco quindi l’importanza di insegnare a masticare in maniera alternata (dx-sx) non facendo mancare nella propria dieta cibi di consistenza dura.
Oltre a favorire uno sviluppo armonico dell’apparato dentale, questa semplice abitudine evita l’asimmetrica attivazione degli emisferi cerebrali.
Il legame tra masticazione e capacità cognitive fa si che oggi la neurofisiologia consideri la masticazione un autentico rimedio nel prevenire le disfunzioni e i declini cognitivi. Tanto che alcuni studi hanno dimostrato come la perdita di denti in età precoce possa essere considerato un fattore di rischio per la Demenza Senile o l’Alzheimer.